Giuseppe “Peppe” Ricciutelli e Radio Roseto Adriatica: quando l’etere era libertà
Ritrovo "Peppe" su Facebook. Il nome mi riporta indietro nel tempo, a quelle frequenze libere che attraversavano l’etere rosetano come scariche di energia pura. Gli chiedo di scrivere un ricordo di Radio Roseto Adriatica per Roseto 24. Lui, all'inizio, nicchia. Non gli piace scrivere di sé, dice che non vuole autocelebrarsi. E poi, aggiunge, odia la nostalgia: il passato è passato e non torna più. Ma insisto. Perché certe storie non vanno dimenticate. Alla fine, cede. E quello che mi manda non è un semplice ricordo, ma un pezzo di vita vissuta, un frammento prezioso di quegli anni ribelli in cui le radio libere davano voce a chi non l’aveva mai avuta.

di Giuseppe Ricciutelli
Era un mattino qualsiasi, di un giorno qualsiasi, dell'anno 1982.
Mentre percorrevo in auto la S.S. 16 Adriatica, la radio di bordo trasmetteva una canzone di Francesco Guccini.
Era il tempo dei cantautori, delle persone impegnate, della "Balena Bianca".
Finita la canzone, lo speaker rifletteva sulle parole finali e invitava gli ascoltatori a telefonare per commentare.
Colsi l'attimo, invertii il senso di marcia e mi presentai alla sede.
Era un'umile casupola decrepita, con un'antenna puntata verso Montepagano.
Lo studio era piccolo, ma accogliente, così come la sala di registrazione.
Anche le apparecchiature erano funzionali e ben disposte.
Mi accolse Mauro, un ragazzo che faceva da speaker, regista e anfitrione.
Il suo sorriso era un invito.
Dissi la mia, in diretta, e ripresi la mia strada.
Quel luogo angusto era la sede di Radio Roseto, succursale di Radio Moulin Rouge di Silvi Alta.
Giuseppe Ricciutelli in una foto degli anni '80
All'epoca ero troppo impegnato con il mio lavoro per dare importanza a quelle "Radio Libere" che aprivano e chiudevano i battenti da un giorno all'altro.
Vigeva l'anarchia delle frequenze, ognuno trasmetteva quello che voleva.
O quasi.
Dopo qualche mese, notai che le persone mi fermavano in strada per parlare del mio intervento su Guccini.
Eppure, "La Locomotiva" non era una canzone per tutti, o almeno così pensavo.
Ma il vento tirava a sinistra e la contestazione al "sistema" era gradita a tanta gente che, fino ad allora, era rimasta senza voce.
Mauro mi telefonò in un giorno di pioggia.
La Radio si era allagata per l'ennesima volta.
"Ci vuole qualcuno che ci tenga veramente a fare radio", mi disse. "Passa quando vuoi e vedi se ne vale la pena".
Ci pensai per giorni.
L'unica vera motivazione era la mia speranza di "dare voce a quelli che una voce non l'avevano mai avuta".
Iniziò così la nostra avventura sull'etere inquinato.
Gli anni '80, cosa è davvero rimasto di quegli anni?
Quando si sceglie di essere sè stessi, dire la verità, non badare a loschi interessi di partito, si piscia controvento.
E le conseguenze restano, le ferite non si rimarginano mai.
I politicanti, ogni giorno, ci inviavano i gendarmi della Escopost.
Furti, ricatti, e le famigerate denunce (ben 485) non riuscirono a toglierci la voce.
Decidemmo noi quando cessare di esistere.
Per Radio Adriatica sono passati tanti bravi ragazzi.
Sinceri amanti della musica, guidati unicamente dalla passione per quella che è stata, e resta, una fonte di informazione diretta.
Li ringrazio tutti, è stata una bellissima avventura.